Per un gaikokujin ( 外国人 = straniero) che studia e pratica l’Ikebana, una volta imparate le regole scolastiche, bisogna sviluppare quella capacità che permetta di “rappresentare il tutto tramite alcune sue parti ”:

un albero, un arbusto, dei fiori, devono essere rappresentati in un vaso tramite pochi rami o fiori che sono stati tolti dal loro contesto di crescita naturale;  di conseguenza devono essere “modificati” affinché “rappresentino” la pianta o il fiore da cui sono stati tolti.

Per imparare ad eseguire queste modifiche che servono a “mettere in evidenza l’essenza del vegetale” bisogna :

° conoscere il vegetale: Houn Ohara, 3° Iemoto, diceva : “fate l’Ikebana con i piedi”, volendo sottolineare l’importanza di camminare nella natura per osservarla

° ma soprattutto osservare come i più famosi artisti giapponesi hanno raffigurato questi vegetali sia nei dipinti che nelle stampe o nei disegni dei kimono o dei ventagli oppure degli stemmi araldici, poiché le modifiche che l’ikebanista apporta al vegetale sono anche basata sulla sua rappresentazione data dagli artisti, rappresentazione che è diventata patrimonio culturale della tradizione giapponese.

L’ikebana è una delle arti tradizionali e “la tradizione” è sempre presente nei suoi esecutori; l’ikebanista, mentre “opera” sul vegetale, deve assolutamente osservare le caratteristiche specifiche del vegetale però non deve fermarsi solo a questo ma deve anche essere cosciente di come questo vegetale è rappresentato nell’immaginario e nella tradizione pittorica giapponese (vedi art. 59° e 60°)

Questo immaginario, basato sulle immagine della pittura o delle stampe del periodo Edo ha origine nella poesia: già nel Man Yō Shū (Raccolta di mille foglie), la più antica antologia poetica giapponese datata attorno al 759 d.C., con 4516 poemi, sono citati più di 1600 vegetali.

I dipinti con fiori, arbusti ed alberi dei più noti artisti giapponesi frequentemente fanno riferimento o hanno come tema le poesie che citano tali vegetali, poesie facenti parte del patrimonio culturale giapponese vedi Art. 59° e 60°

 

 

 

Prendendo ad esempio il pino, che in natura si presenta come nella foto a lato, si tolgono gli aghi “vecchi” lasciando solo il ciuffo apicale creando una successione di spazi vuoti e pieni;

mentre lo si adatta alla composizione scelta, l’ikebanista rivede come il pino è rappresentato ad esempio da Sesshu, o nelle xilografie di Utamaro, Hiroshige e Hokusai o al grande pino del teatro Nō o quello piccolo sui ventagli , sui kimono, sugli stendardi e stemmi

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Kitagawa Utamaro  (1753-1806)

Kano Motonobu (1476-1559)

Fiori e uccelli delle quattro stagioni

 

 

 

 

oppure riferirsi al paravento “fagiano e pino” di Kano Kōi (1569-1636)

 

 

 

 

 

 

 

 

o al disegno di questo ventaglio usato nella danza tradizionale bujo

anche i rami fioriti,

            

in natura come nella foto a sinistra, devono essere lavorati togliendo il superfluo e tenendo presente, ad esempio, questo disegno di anonimo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

oppure i disegni diSakai Hōitsu   (1761-1828)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

o osservare il cosode dipinto pure da Sakai Hōitsu

 

 

 

 

 

 

 

 

 

o anche questo ventaglio di

,

altro esempio:

 

l’acero, molto folto in natura, dev’essere lavorato dall’ikebanista togliendo il superfluo

       

ricordando fra i molti autori che l’hanno dipinto, ad esempio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Utagawa Hiroshige (1797 – 1858)

 

In tutti questi esempi prevale il concetto zen:

meno è più

concetto evidente anche in questo disegno di Hakuin (1685-1769) intitolato

ciechi che attraversano un ponte

 

 

Importante è anche conoscere le combinazioni fra i vari vegetali che la tradizione giapponese tramanda, sia poetica che pittorica  vedi art. 59° e 60°.

Nel bagaglio culturale dell’ikebanista, oltre alle conoscenze delle religioni e filosofie che hanno influenzato la nascita e la formazione delle regole compositive dell’ikebana, occorre anche avere una conoscenza della tradizione artistica inerente ai vegetali.