PREAMBOLO
Nelle composizioni che utilizzano materiale appena colto, come rami, foglie, erbe, fiori, più o meno inconsapevolmente viene proiettata la relazione che una civiltà intrattiene con il proprio ambiente naturale.
Tale rapporto con la natura, in Giappone, ha un’origine religiosa perciò è importante evidenziare le differenze religiose giapponesi rispetto alle europee.
Europa cristiana
nella Genesi il mondo e gli esseri umani che vi abitano, all’origine immortali, vengono creati da un Dio concepito essenzialmente in forma umana. Causa la disobbedienza a Dio (la mela mangiata) uomini, animali e natura perdono la loro sacralità conoscendo la sofferenza e la morte.
Si opera così una scissione fra l’uomo e il suo ambiente naturale nel quale egli dovrà con fatica strappare il proprio sostentamento perciò l’uomo dovrà dominare l’ambiente e la natura che lo circondano.
Giappone
la cosmogonia sino-giapponese è invece organizzata da un punto di vista più ampio: essa vede un cosmo nel quale ogni fenomeno è parte integrante del tutto. All’origine al posto di un Dio creatore troviamo le manifestazioni molteplici di una forza universale Ki, concepita senza forma ma dotata di una contrazione ritmica, un “respiro”, che dà origine alla distinzione fra Yang e Yin. L’interazione fra queste due forze rappresenta il principio d’organizzazione essenziale di tutto l’universo e genera gli elementi naturali, gli esseri umani e tutto il mondo fenomenico.
Il Male non viene separato dal Bene; esistono piuttosto manifestazioni positive o negative, strettamente interdipendenti, di un’energia universale perennemente in trasformazione attraverso il movimento ciclico dello Yang e dello Yin.
Inoltre per lo shintoismo uomo e vegetali sono “consanguinei” poiché generati dagli stessi kami e questo spiega il rispetto per i vegetali.
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STORIA DELL’IKEBANA
esempio di emakimono
Prima del Periodo Muromachi (1333-1573), le informazioni storiche derivano da diari, da dipinti -sia laici che religiosi-, da annotazioni personali sulla vita quotidiana e da emakimono, rotoli orizzontali miniati, specie di fumetti lunghi anche fino a dieci metri, che si leggono da destra a sinistra.
Periodo Asuka 552-710 d.C.
La Corte imperiale, pur mantenendo lo shintoismo autoctono, accetta il buddhismo come religione salvifica dello stato e il confucianesimo, ambedue arrivati dalla Cina attraverso la Corea. Con essi penetrano anche le manifestazioni artistiche cinesi e coreane, influenzate a loro volta dall’arte indiana, persiana, romana e greca, con una spiccata preferenza per i colori sgargianti, brillanti, per l’oro, per il disporre gli oggetti sfarzosamente e in modo simmetrico, per l’ornato, l’intaglio, lo splendente, la magnificenza dei riti e delle cerimonie. Questo gusto prevarrà fino all’apparire dello zen nel Periodo Kamakura.
figura tratta dall’emakimono Choju Giga, tardo periodo Heian, rappresentante Buddha, una rana, davanti al quale c’è un monaco buddhista, una scimmia. |
I tre fiori di loto nel vaso davanti a Buddha mostrano già “îl seme” dell’ikebana ossia il numero tre degli elementi principali e una disposizione di-destra (poiché il vaso non è posto al centro del tavolino bensì leggermente a destra di Buddha-rana) definita anche hongatte -vedi articoli 16° e 17°–
La composizione è detta di-destra o hongatte in riferimento alla posizione relativa dei tre elementi poiché Il loto fiorito e più voluminoso è al centro della composizione, il secondo loto in boccio -meno voluminoso- alla sua destra e il terzo, il più piccolo dei tre, alla sua sinistra.
È evidenziata anche la transitorietà, con i tre fiori a stadi differenti di apertura,
Appaiono i kuge, arrivati a noi solo nelle incisioni delle pietre tombali , offerte floreali non strutturate, senza regole compositive, sull’altare buddhista in cui è già visibile l’uso dei numeri dispari 5 suddiviso in 3 fiori (2 aperti + 1 chiuso) + 2 foglie vedi Art. 62°
È in questo periodo che, secondo la tradizione ma non la storia, appare l’ikebana vedi art. 12° e 13°
Per alcuni autori, l’origine dell’ikebana è dovuta all’unione dell’uso dei rami sempreverde, derivante dai riti shintoisti, associato all’uso dei fiori, derivante dalle offerte floreali a Buddha.
Lo shintoismo usa ancora oggi dei rami di sempreverde, specialmente il sakaki |
Dallo shintoismo deriva l’uso dello shu diritto e fatto con rami (futura parte yang) mentre dal buddhismo deriva il lato kyaku, con fiori derivante dall’abitudine di offrire fiori a Buddha (futura parte yin).
Vari autori pensano che il tateru-kuge derivi dallo yorishiro, specie di antenna-richiamo, usata ancora oggi, formata da rami sempreverdi legati sulla cima di un palo che lo shintoismo costruisce negli spazi vuoti, resi momentaneamente sacri tramite la recensione con una corda (shimenawa), per aiutare i kami a trovare la strada quando scendono sulla terra.
Lo yorishiro può essere formato da un palo con un ciuffo di rami sempreverde, da cui probabilmente deriva l’ikebana, come è visibile nelle foto sopra:
a sinistra, su di un terreno, o in alto a destra, usando sakaki, nell’acqua di una risaia per ingraziarsi i Kami durante la messa in terra delle piantine di riso.
Altre forme di yorishiro possono essere un vecchio e maestoso albero già sul posto, contornato dallo shimenawa per evidenziarne la sacralità, oppure dei coni di ghiaia come nelle foto.
Ancora oggi sull’altare nei riti shintoisti si usa un sempreverde, il sakaki
Il kami Amaterasu, dea del sole, viene frequentemente rappresentato con un sempreverde nelle mani |
La tradizione della scuola Ikenobō afferma che l’origine dell’ikebana avviene in questo periodo, al tempo dell’imperatrice SUIKO: essa nominò Reggente un suo nipote SHOTOKU TAISHI; un cugino di Shotoku di nome Ono no Imoko è ritenuto dalla tradizione il fondatore della scuola Ikenobō vedi articolo 12°
Ono no Imoko
Shotoku Taishi con due dignitari (disegnati più piccoli poiché meno importanti)
evidente l’influsso cinese nel modo di vestire
Periodo Nara 710-794
La Corte imperiale, che prima cambiava sede alla morte di ogni imperatore poiché lo shintoismo considera la morte un’impurità, si stabilisce a Nara, costruita sul modello cinese di città ideale, ossia sull’asse nord-sud e con il palazzo imperiale situato a nord, come suggerisce il feng-shui (vedi articolo 9°)
L’influsso cinese nel modo di vita della Corte imperiale è sempre presente.
L’ikebana come arte non esiste ancora ma si formano e si stabilizzano le religioni e filosofie i cui simboli verranno incamerati nelle regole compositive del’ikebana quando queste si formeranno circa 600 anni dopo, nel periodo Ashikaga
Periodo Heian 794-1185
caratterizzato dall’uso raffinatissimo dei colori, i nomi dei quali frequentemente erano associati a nomi di fiori o altri vegetali. Dalla descrizione dei diari delle dame di corte si deduce che all’interno dei palazzi o nelle processioni o cortei venivano usati vasi preziosi con almeno cinque rami fioriti, disposti in modo naturale, senza regole.
L’ikebana non esiste ancora ma la moda dei giochi awase (paragoni fra cose, poesie, animali ed altro) comprendeva anche i paragoni fra vasi contenenti dei rami o fiori, anche se non si dava importanza alla disposizione dei vegetali ma piuttosto al buon-gusto sia nella scelta del vaso, d’origine cinese, che nella bellezza della concordanza vaso-vegetali.
Solo verso la fine di questo periodo si osserva l’apparire di una identità giapponese non più influenzata dal gusto cinese.
Periodo Kamakura (1185-1333) primo shogunato
L’ikebana non esiste ancora; con la presa del potere da parte dei guerrieri del clan Minamoto e il loro stabilirsi a Kamakura, lontano dalle “mollezze” della Corte Heian, il clan Hojo assume il potere reale, solo nominalmente tenuto dagli shogun Minamoto, e preferisce al buddhismo tradizionale, seguito dalla Corte imperiale, il buddhismo zen; alcuni capi Hojo diventano monaci zen.
Alla cultura “femminile” della Corte imperiale, fin qui unico modello culturale, si contrappone una cultura “maschile”, semplice, forte, tagliata su misura per i Samurai; sotto l’influsso dello zen, all’uso sfarzoso dei colori della Corte imperiale si contrappone il semplice bianco-nero del suiboku-ga, pittura ad inchiostro e il vuoto dei kare-sansui, giardini secchi.
I monaci zen diventano consiglieri del clan Hojo influente famiglia di reggenti degli shogun, assumendo sempre più importanza nella cultura della Corte shogunale: di conseguenza la loro visione della vita diventa lo standard della classe dominante dei samurai.